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ricordi

MONI OVADIA “BENEDICE” UMBERTO ECO

E’ passato qualche giorno dal funerale di Umberto Eco, ma la “benedizione” da non credente a non credente di Moni Ovadia credo possa essere ascoltata e riascoltata con un sorriso commosso.

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“Un piccolo dovere ebraico: a una persona che si congeda da noi va rivolta una benedizione. Si crede che lo facciano solo i credenti: è sciocco; benedire è lecito a tutti. La mia è una benedizione da non credente a non credente: che Dio ti benedica e ti protegga soprattutto perché non gli credi; noi oramai lo sappiamo da lui da lungo tempo: il buon Dio nella sua infinita misericordia sopporta i credenti ma predilige decisamente gli atei”.

Mi ha fatto tornare in mente (tanto-più dopo il racconto delle nottate tra i due a scambiarsi storiacce e barzellette che precede nel filmato la “bendedizione) la strofa di “Amici”, la ballata da osteria di Guccini e Vecchioni che dice più o meno così:

“…non voglio mescolarmi in guai o problemi altrui,  ma questo mondo ci ha schiaffato lui, e quindi ci sopporti, ci lasci ai nostri giochi – cosa che a questo mondo han fatto in pochi – vorrei veder chi sceglie, con tanti pretendenti, tra santi tristi e noi più divertenti, veder chi è assunto in cielo, con mille ragioni, tra noi e la massa dei rompicoglioni”

http://www.rainews.it/dl/rainews/media/Funerali-Eco-La-benedizione-di-Ovadia-Che-Dio-ti-benedica-soprattutto-perche-non-credente-0f628a6a-c5e3-4be6-a7e6-f7febe7a24bb.html

https://www.youtube.com/watch?v=bKXR8sGgosw

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LA COMUNE DI CHIUSA SAN MICHELE

Modesto omaggio a  Judith Malina che oggi – 11 aprile 2015 – ci ha lasciato

J&J

Sarebbe sbagliato credere che in Val di Susa si debba arrivare fino alla lotta No Tav esplosa nel 2005 per assistere alla contaminazione di idee e gruppi che si rifanno, oltre che alla tradizione di sinistra (anche estrema o “extraparlamentare” come si diceva allora), a culture e pratiche anarchiche tanto che quando Edorado Fadini – nel 1975 – porta per la prima volta in Italia il Living Theatre al Cabaret Voltaire (fondato a Torino nel 1975), durante il loro lunghissimo soggiorno piemontese Giulian Beck, Judith Malina e alcuni dei loro attori stabiliranno un rapporto particolare con la Valle di Susa e con alcuni dei suoi abitanti visitando – tra l’altro – la Comune di Chiusa San Michele e frequentando un gruppo di pittori d’avanguardia (uno dei quali forse non per caso si trasferirà successivamente ad Avignone, capitale del “Teatro globale”). Sono gli anni in cui tra i tanti progetti che ruotano attorno alla loro attività teatrale i due artisti accarezzano anche l’idea di fondare una scuola anarchica, ovviamente libera e gratuita, dove tutte le espressioni artistiche possano essere coltivate e insegnate perché attorno vi nasca un nuovo stile di vita. (Una intervista pubblicata sul sito del Centro Studi Domenico Sereno Regis di Torino lo “certifica”).

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SIAMO NATI PER SOFFRIRE…

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Siamo nati per soffrire…ha, ha, ha”…l’inconfondibile risata di Pier Carlo irrompeva nei cortili come nelle “cantine” (all’epoca il termine bar aveva un che di esotico), nelle botteghe dove la sua figura già robusta faticava a entrare anche per via della pesante borsa di cuoio stracolma di posta ordinaria, piccoli pacchi e di “raccomandate” con a corredo del voluminoso registro da far firmare. Avevo cominciato ad accompagnarlo nel suo giro quotidiano nelle vacanze estive dell’ultimo anno delle scuole medie. Mi affascinava il suo conoscere ogni scorciatoia per raggiungere gli angoli più nascosti in cima a “Vignecombe” come nel nucleo storico (all’epoca molto raccolto) di San Valeriano. Entrare da un androne e sbucare in una strada due piani più su attraverso le scale interne cui aveva ovviamente libero accesso. Tempo, passi e sudate risparmiate da reinvestire in una sosta a un  tavolino per sorseggiare un martini dry (Unica trasgressione all’ottimo italiano e al piemontese stretto con cui si rivolgeva appropriatamente agli immigrati dal sud come agli autoctoni più in là con gli anni). Ancor di più mi intrigava il suo avere sempre pronta la battuta giusta per ogni incontro, per la consegna di una assicurata attesa come per un avviso di pagamento avverso… Del resto era “figlio d’arte”. La sua mamma (chi se la ricorda la signora Pina?) me la rivedo arrancare (forse con la stessa pesante borsa ereditata poi da suo figlio) aiutandosi negli ultimi anni col bastone…Abitavamo nello stesso isolato del vecchio nucleo di Borgone, e fin da piccolo le loro figure erano state tra le più “familiari” nell’incorniciare il quotidiano di un bambino curioso come lo ero io che passavo parecchio tempo al “balcone della cucina” che si affacciava sullo sterrato di un vicolo cieco dal nome assai impegnativo: Cavour!  (Oggi via Perodo aperto su  via Florio all’altezza di uno dei pochi passaggi a livello rimasti sulla ferrovia internazionale per Modane-Lyon-Paris). Quel passaggio a livello sempre chiuso che tutti – imprudentemente – attraversavamo chinandoci sotto le sbarre;  anche Piercarlo – chissà quante volte – ansimando nel dover sollevare oltre tutto “il se stesso” anche trenta chili di cuoio e scartoffie (eravamo ancora in un’era ante 626…).  Dunque eravamo vicini di casa, “conoscenti”, forse amici: come definire altrimenti chi – in anni in cui “scendere a Torino” era “un viaggio” vuol condividere con una famiglia di immigrati di andare assieme in “città” a vedere il “Circo Krone”? Avrò avuto gli anni della fotografia che pubblico a corredo di queste righe: quattro se la data scritta a matita sul retro – “1953” – è esatta…Andare ad assistere a uno spettacolo di uno dei più importanti circhi d’Europa (del mondo?) come il tedesco Krone era un avvenimento come oggi potrebbe esserlo avere assistito all’ultima esibizione dei Rolling Stones…Mi ricordo ancora la locandina (la stessa che si trova ancora oggi nelle immagini sul web) con la catena di elefanti legati dall’intreccio di coda e proboscide ritti sulle zampe posteriori…Un circo mitico, un caposaldo all’epoca della rinascita della Germania nel dopoguerra come oggi della sua opulenza: passato non indenne ma senza subire contraccolpi mortali tra forti polemiche sul trattamento degli animali per approdare – qualche anno fa – nella Sala Nervi al cospetto di Papa Ratzinger…Mi ricordo la paura prima durante e dopo il colpo dell’uomo cannone (mai più rivisto da allora)…Anche queste prime forti emozioni le devo a Pier Carlo…E a sua mamma.

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Così come gli devo (gli dobbiamo) di non aver mai fatto pesare su nessuno la tragedia della guerra che pure lo aveva così intimamente e pesantemente colpito: Per me – bambino – era “normale” che avesse solo la mamma: il papà non lo avevo mai visto e i miei mi dissero semplicemente che era morto…Qualche anno dopo le mie “padrone di casa” – due vecchie sorelle tra cui Mariuccia Marchetto (cui si deve il lascito di quella che è oggi la casa protetta che all’epoca affittavamo) giudicarono che avevo una età sufficiente per aggiungere che “era stato portato via” (e poi ucciso, ma questo credo rimase sempre sottinteso). Sono le cose di cui è difficile parlare a oltre mezzo secolo di distanza anche per chi ha avuto la fortuna di non restarne direttamente coinvolto. E’ la cosa di cui – nonostante una amicizia che andò via via consolidandosi – devo essergli grato per non averne mai fatto cenno…Solo qualche raro momento di tristezza in tanta ostentata allegria per dire che non è sempre così semplice distinguere il bene dal male. I “cattivi” dai “buoni”…Attimi da contare sulle dita di una mano e da cui io deducevo arbitrariamente e senza mai averne una controprova che il pensiero scatenante potesse essere il ricordo di un papà che gli era stato strappato quando era ancora un ragazzo…Attimi in una consuetudine di battute senza sosta che tra la consegna di una lettera e la firma del registro delle raccomandate (a me che avevo qualche anno di meno competevano i giri più lunghi, per questo potrei essere definito un “aiutante postino da riporto”) sconfinavano spesso e volentieri nel godereccio: _ “Me car Claudio, mi l’avria pì piasì ad vede chila lì patanua che tì vestì da festa”: con le dovute scuse ai cultori della lingua piemontese questa (meglio lei nuda che tu vestito da festa) era la battuta ripetitiva ma non per questo meno simpatica che seguiva abitualmente l’incontro di una borgonese particolarmente avvenente…Così come diventava più confidenziale il suo linguaggio quando al termine di una settimana di lavoro si arrivava sulla soglia della domenica: il pomeriggio del sabato dedicato alla meticolosa pulizia degli interni del suo “maggiolino” azzurro  e nelle domeniche d’estate a una nuotata nella piscina comunale di Torino: la “spiaggia” degli snob o di chi non poteva permettersi il mare d’agosto. Poi gli anni del meritato riposo, la sua presenza rassicurante nel dehor del  bar “dello stradone” da dove un cenno della mano e l’immancabile risata ti accompagnavano per il resto della giornata…Gli anni del maritato riposo ma degli acciacchi e – come ha scritto Mirella sulla “pagina aperta di Facebook, sei di Borgone se…” si sovrappone per me il ricordo dell’eterna allegria di sempre e della tristezza degli ultimi tempi, che non voleva dare a vedere

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L’ho già fatta troppo lunga Pier Carlo, e a Te – pur non mancandoti affatto la parola – non piacevano le sviolinate: Che la terra Ti sia lieve, proprio come hai sputo esserlo Tu con tutti noi che Abbiamo avuto il privilegio di averTi conosciuto. Lieve, leggero, discreto, anche quando sarebbe stato Tuo sacrosanto diritto appoggiare metaforicamente almeno per qualche minuto la Tua pesante borsa sulle spalle di qualcun altro…

Ecco, forse l’esserTi stato, in quegli anni, “un aiutante da riporto”, (risparmiandoti qualche etto di carta e qualche passo in più) mi rende meno mordente il rimorso di non averTi più cercato in questi ultimi tempi da quando non Ti vedevo più uscire da messa in piazza della Chiesa, per salire sulla “Panda” bianca…Per farmi sorprendere – due giorni fa – dalla notizia del tuo imbarco per una destinazione ignota, ma dove si spera che a chi ha vissuto come Te sia riservata l’accoglienza dovuta ai giusti.

Borgone Susa, 5 agosto 2014, Tuo Claudio

2 commenti
  1. Nicola permalink

    Claudio penso che tu abbia racchiuso in queste parole tutto quello che la gente che ha conos Pier Carlo e che gli ha voluto bene, ha pensato nel momento in cui gli è arrivata la notizia della scomparsa

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